Pseudocefalo di Cochliomyia hominivorax
Fig. 1 - Pseudocefalo di Cochliomyia hominivorax (Brachycera: Calliphoridae)
In primo piano, i due lobi cefalici, gli uncini boccali e il primo segmento toracico costellato dalle caratteristiche spine di questa larva.
Autore: John Kucharski
Riadattato dalla Foto originale
(Licenza: Pubblico Dominio per rilascio da parte del USDA Agricultural Research Service)

Sono impropriamente chiamate acefale le larve che hanno un capo fortemente ridotto e quasi completamente infossato nel torace. Questa condizione è tipica ed esclusiva delle larve dei ditteri appartenenti al clade monofiletico dei Cyclorrhapha.

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Introduzione

Le larve acefale presentano una struttura del capo decisamente differenziata a causa delle drastiche modificazioni, che rendono ardua anche l'individuazione delle omologie della maggior parte degli elementi interni ed esterni. La ragione di questa complessità risiede in una semplificazione istologica e strutturale della capsula cefalica e delle appendici boccali. Questa semplificazione è accompagnata dalla quasi completa dislocazione delle strutture cefaliche all'interno del torace e dalla comparsa di nuove strutture anatomiche e morfologiche. Le strutture di neoformazione possono essere fatte risalire a quelle delle altre forme larvali solo per analogia funzionale. Le principali modifiche che sono avvenute nell'evoluzione della struttura cefalica di queste larve sono le seguenti:

1. Desclerificazione totale del tegumento del capo e correlati adattamenti di strutture "interne" nell'espletamento della funzione scheletrica.

Gli elementi morfologici analoghi alla capsula cefalica degli altri tipi larvali perdono del tutto la chitinizzazione del tegumento. Il rudimento del capo delle larve acefale appare perciò completamente traslucido e membranoso e perde una delle funzioni fondamentali dell'esoscheletro, ovvero quella di fornire la superficie per l'inserzione dei muscoli. Contestualmente a questa involuzione, nelle larve acefale si assiste ad un significativo sviluppo di un endoscheletro derivato da una stretta integrazione anatomica tra la parte iniziale dell'apparato digerente, il tentorio e alcuni elementi morfoanatomici dei primitivi gnatiti. Questo endoscheletro, in italiano, è tradizionalmente e comunemente chiamato apparato o scheletro "cefalofaringeo" (Servadei et al., 1972; Tremblay, 1991), denominazione che presume ed evidenzia la stretta integrazione anatomica tra la faringe e generici elementi morfoanatomici del cranio. La stessa accezione ricorre diffusamente anche in altre lingue: squelette céphalopharyngien in francese (Matile, 1993), Cephalopharyngealskelett in tedesco (Hennig, 1973), cephalopharyngeal skeleton in inglese (Teskey, 1981), esqueleto cefalofaringeo in spagnolo (cfr. Google Scholar). Una differente adozione terminologica è offerta esplicitamente da Courney et al. (2000): questi Autori, facendo riferimento ad un approccio critico che prende in esame le modifiche morfoanatomiche sotto il duplice aspetto ontogenetico e filogenetico, preferiscono usare la denominazione più generica di cephaloskeleton ("scheletro cefalico"). Va in ogni modo rimarcato che questa struttura scheletrica interna è stata menzionata, soprattutto nella letteratura anglosassone, con una notevole varietà di denominazioni (Courtney et al., 2000).

2. Invaginazione di parte dei segmenti cefalici all'interno della primitiva cavità orale.

Per quanto non sia bene accertata la dinamica evolutiva e ontogenetica, una parte dei primitivi segmenti cefalici subisce una dislocazione per via dell'invaginazione delle porzioni laterali e ventrali all'interno della primitiva cavità orale. Questo fenomeno è di particolare importanza in quanto a quella primitiva si sostituisce una struttura secondaria che altera anche drasticamente l'originaria posizione degli elementi derivati dai segmenti primari e introduce la comparsa di elementi morfoanatomici di neoformazione. Esempi evidenti sono le posizioni strettamente ravvicinate che hanno le antenne e i palpi mascellari, la dislocazione del cibarium in una posizione più interna, preceduta da una cavità orale funzionale, l'atrium, che non ha alcuna omologia nelle altre forme larvali, la posizione di elementi derivati dal segmento mascellare, anteriore rispetto ad altri derivati da quello mandibolare, la presenza dei rudimenti del labrum e altre strutture cefaliche esterne all'interno del capo funzionale. Per comprendere la dimensione di questa profonda modificazione morfoanatomica, possiamo immaginare il capo delle larve dei Ditteri Ciclorrafi come il risultato di una doppia invaginazione: oltre alla retrazione di parte del capo all'interno del torace, adattamento che ricorre anche nella generalità delle larve emicefale, nelle larve acefale si verifica la retrazione di una parte del capo all'interno di se stesso, spingendo più indietro le originarie strutture interne.

3. Involuzione e fusione di elementi morfoanatomici primari con formazione di strutture secondarie analoghe ma non omologhe a quelle funzionalmente presenti nelle altre tipologie larvali.

È questo l'aspetto più complesso, che rende alquanto ardua l'individuazione delle strutture di origine e, di conseguenza, delle relative omologie. Un esempio evidente di questo fenomeno è la profonda modificazione delle mascelle: una parte di questi elementi non è stata coinvolta dalla dislocazione di cui sopra e probabilmente concorre a formare in buona parte l'esterno del capo funzionale delle larve acefale: la vicinanza delle antenne e dei palpi mascellari all'apice dei lobi cefalici si spiega con la fusione del segmento antennale con quello mascellare. D'altra parte, è dubbia l'omologia degli uncini boccali delle larve acefale con gli uncini mandibolari delle emicefale: se questi ultimi sono di origine esclusivamente mandibolare, si ritiene che gli uncini boccali delle larve ciclorrafe possano avere una duplice origine, mandibolare e mascellare, anche se la questione non è definitivamente risolta a causa di difficoltà intrinseche nel tipo di approccio adottato negli studi (Courtney et al., 2000).

Capo di larva di calliforide in vista frontale
Fig. 2 - Rappresentazione schematica del capo di una larva della famiglia Calliphoridae. Vista frontale
I, II: segmenti toracici; a: antenna; lc: lobi cefalici; p: piega toracica; pm: palpo mascellare; ps: pseudocefalo; s: spine toraciche; sp: spiracoli anteriori; u: uncini boccali.
Autore: Giancarlo Dessì
(Licenza: Creative Commons BY-NC-SA)

La complessità di questi adattamenti morfologici e anatomici e la difficoltà nell'accertamento delle omologie ha portato allo sviluppo, in letteratura, di una terminologia specifica alquanto variegata. In molti casi sono stati adottati nomi che fanno riferimento ad analogie o presunte omologie, in altri casi si sono adottate denominazioni ad hoc per fare riferimento a strutture ex novo o, comunque, di incerta derivazione rispetto alla condizione primitiva.

Le problematiche principali risiedono nelle apparenti incongruenze tra differenti approcci nell'indagine (Courtney et al., 2000). La struttura anatomica del capo cambia anche in modo rilevante secondo lo stadio larvale, con marcate differenze tra lo stadio di prima età e quello di terza età. Un approccio basato sullo sviluppo ontogenetico, che si riferisce alla dinamica degli adattamenti morfologici e anatomici nel corso dello sviluppo embrionale, porta a risultati che apparentemente sono incompatibili con quelli ottenuti da un approccio basato sulla morfologia e l'anatomia comparata, soprattutto nel tentativo di definire le omologie. Queste problematiche sono state messe in evidenza, in particolare, da Courtney et al. (2000) che, nel Manual of Palaearctic Diptera, hanno adottato una trattazione critica che, nei limiti del possibile, integra l'approccio morfogenetico e quello morfologico comparato. Le considerazioni fatte dagli Autori restano tuttavia in buona parte irrisolte a causa della carenza di documentazione, in letteratura. Tradizionalmente, i lavori prodotti in letteratura si basano fondamentalmente su studi morfologici e anatomici effettuati sulle larve di terza età, mentre gli studi che analizzano gli adattamenti morfoanatomici in base allo sviluppo ontogenetico sono carenti perché limitati a pochissime specie. Ne consegue perciò una sostanziale difficoltà di correlazione organica che possa mettere ordine tra i vari lavori prodotti in letteratura. L'impostazione nelle trattazioni di Teskey (1981), nel Manual of Nearctic Diptera, e di Courtney et al. (2000), nel Manual of Palaearctic Diptera, differiscono notevolmente anche nella nomenclatura, per il diverso approccio metodologico, e Courtney et al. (2000) introducono spesso denominazioni più generiche che fanno riferimento ad acquisizioni più aggiornate o a incertezze sull'effettiva omologia delle strutture cefaliche di queste larve.

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Pseudocefalo

Lo pseudocefalo o pseudocephalon è la parte esterna del capo che fuoriesce dal torace. In letteratura è spesso indicato con la denominazione segmento cefalico, usata anche da Teskey (1981), che tuttavia è da considerarsi inappropriata. Questa denominazione, infatti, implicherebbe l'assunzione che il capo derivi da un unico segmento della primitiva metameria, mentre, in realtà, il capo deriva dalla fusione di almeno sei segmenti. Per tale motivo, Courtney et al. (2000) preferiscono le denominazioni di regione cefalica o di pseudocefalo, quest'ultima più diffusa nei lavori recenti.

Capo di larva di calliforide in vista laterale
Fig. 3 - Rappresentazione schematica del capo di una larva della famiglia Calliphoridae. Vista laterale
a: antenna; cr: creste orali; lb: lobo cefalico; lc: lobo labiale; p: piega toracica; pm: palpo mascellare; ps: pseudocefalo; s: spine toraciche; sk: scheletro cefalofaringeo; t: torace; u: uncino boccale.
Autore: Giancarlo Dessì
(Licenza: Creative Commons BY-NC-SA)

Lo pseudocefalo appare come una piccola regione cilindrica o tronco-conica, traslucida e interamente membranosa, posizionata anteriormente rispetto al torace. Il confine tra lo pseudocefalo e il torace è segnato da un netto aumento del diametro nella parte dorsale, corrispondente alla piega toracica che ha determinato la retrazione del capo. La parte anteriore dello pseudocefalo è visibilmente bilobata, con una depressione più o meno marcata che separa i cosiddetti lobi cefalici (lobi antenno-mascellari sensu Teskey (1981)).

Ciascun lobo cefalico porta all'apice due organi sensoriali papilliformi. Quello dorsale, più interno rispetto al piano sagittale, è l'antenna, quello ventrale e più distante dal piano sagittale è il palpo mascellare. L'antenna è apparentemente bisegmentata, composta da una piccola cupola semisferica che poggia su un cercine basale. Il palpo mascellare ha la forma di una protuberanza conica disseminata di papille sensoriali. Da esami embriologici e neuroanatomici è stato accertato che la maggior parte delle papille è di origine mascellare, ma almeno una o due sono originate dal segmento antennale (Courtney et al., 2000).

Ventralmente gli elementi morfologici di maggiore evidenza sono i due lobi cefalici e la maschera facciale, da cui fuoriescono i due uncini boccali.

La maschera facciale è una depressione ventrale, interamente membranosa, che digrada fino all'apertura boccale funzionale, formando la cavità preorale. L'apertura boccale è in realtà una struttura secondaria originata dall'invaginazione di una parte dei somiti cefalici. Le pareti antero-laterali della cavità preorale sono formate dai lati interni dei lobi cefalici e posteriormente è delimitata da un lobo mediano membranoso, detto lobo labiale, che si protrae in avanti. Strettamente associati alla maschera facciale sono gli uncini boccali che si posizionano ai lati delle pareti membranose e ne fuoriescono anteriormente. L'aspetto, la conformazione e le dimensioni della maschera facciale cambiano considerevolmente in funzione sia della specie o del gruppo tassonomico sia dello stadio larvale. La caratteristica morfologica di maggior rilievo si riscontra nelle larve saprofaghe: la cavità preorale è percorsa da creste orali che convergono verso l'apertura boccale funzionale delimitando una serie di scanalature. La funzione di queste scanalature è quella di convogliare i fluidi verso l'apertura boccale funzionale (Teskey, 1981; Courtney et al., 2000). Associati alle creste orali possono essere presenti altre strutture, simili a pettini, detti cirri, la cui funzione non ben nota almeno per la generalità dei Ciclorrafi (Courtney et al., 2000). A differenza delle forme saprofaghe, le larve fitofaghe e quelle predatrici o parassitoidi hanno invece una maschera facciale poco sviluppata e priva di creste orali.

Capo di larva di calliforide in vista ventrale
Fig. 4 - Rappresentazione schematica del capo di una larva della famiglia Calliphoridae. Vista ventrale
a: antenna; cr: creste orali; lb: lobi cefalici; lc: lobo labiale; m: maschera facciale con cavità preorale; pm: palpo mascellare; ps: pseudocefalo; s: spine toraciche; sk: scheletro cefalofaringeo; t: torace; u: uncino boccale.
Autore: Giancarlo Dessì
(Licenza: Creative Commons BY-NC-SA)

Oltre a quelli localizzati sulle antenne e sui palpi mascellari, sono presenti recettori sensoriali anche nella maschera facciale. Un paio di organi sensoriali, indicati in letteratura come organi ventrali, è localizzato fra le creste orali e sono innervati dal nervo mascellare (Teskey, 1981). Altri sensilli sono localizzati sul lobo labiale e sono denominati organi labiali.

Come detto in precedenza, non ci sono sufficienti elementi per accertare del tutto le omologie di queste strutture esterne. In passato si era ipotizzato che alla formazione dello pseudocefalo partecipassero anche elementi di origine toracica ma secondo Courtney et al. (2000) non ci sono evidenze che possano supportare questa ipotesi. Lo pseudocefalo sarebbe pertanto derivato da quelle parti dei somiti cefalici che non sono state coinvolte nell'invaginazione della primitiva apertura orale. La parte dorsale dello pseudocefalo sarebbe derivata principalmente dal segmento mascellare, con il coinvolgimento dell'acron in prossimità della piega toracica, dell'antennale e del mandibolare (Courtney et al., 2000). Questi ultimi due somiti, secondo gli Autori, parteciperebbero in modo marginale, originando, il primo, l'antenna, il secondo una stretta fascia compresa tra l'antenna e il palpo mascellare, mentre il resto dei lobi cefalici sarebbe di origine mascellare. In merito alle pareti e alle creste orali della maschera facciale, Teskey (1981) e, in precedenza, altri Autori ritenevano che fossero originate dal segmento mandibolare, ma Courtney et al. (2000) non concordano con questa ipotesi, perché sarebbe incompatibile con l'innervazione dell'organo ventrale. Questi Autori, pertanto, sostengono l'ipotesi che la cavità preorale sia derivata integralmente dal segmento mascellare sulla base di evidenze di carattere embriologico e neuroanatomico. Infine, sempre sulla base di evidenze embriologiche e neuroanatomiche, gli organi labiali si possono omologizzare con i palpi labiali e questo implicherebbe che nella formazione del lobo labiale sarebbe coinvolto anche il primitivo premento (Courtney et al., 2000).

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Scheletro cefalofaringeo

Lo scheletro cefalofaringeo o apparato cefalofaringeo è l'insieme delle strutture sclerificate tipiche della generalità delle larve dei Cyclorrhapha. Come dice il termine, questo scheletro deriva dalla stretta integrazione morfologica, anatomica e funzionale di generici elementi cefalici e delle pareti di una parte del tubo digerente, identificata, nella fattispecie, con la faringe. Per la sua complessa struttura e l'origine composita, tuttavia, Courtney et al. (2000) proposero l'adozione del termine cephaloskeleton ("cefaloscheletro" o "scheletro cefalico"). Questa denominazione, per quanto più appropriata, è tuttavia poco ricorrente e anche nella letteratura recente si usa più comunemente la denominazione tradizionale di "scheletro cefalofaringeo".

Scheletro cefalofaringeo in vista laterale
Fig. 5 - Rappresentazione schematica della struttura dello scheletro cefalofaringeo nelle larve dei Ditteri Schizophora di terza età. Vista laterale
a: atrium; ad: apodema dorsale; av: apodema ventrale; b: barra parastomale; c: cibarium; cd: corno dorsale; cv: corno ventrale; do: depressione ottica; e: sclerite epistomale; pd: ponte dorsale; ps: pseudocefalo; pv: placca verticale; sb: sclerite basale; sd: sclerite dentale; si: sclerite intermedio; sl: scleriti labiali; t: torace; u: uncino boccale.
Autore: Giancarlo Dessì
(Licenza: Creative Commons BY-NC-SA)

Fatta eccezione per l'estremità distale degli uncini boccali, il complesso dello scheletro è localizzato all'interno dello pseudocefalo e, soprattutto, del torace. Per la sua pigmentazione scura, in contrasto con la colorazione chiara delle altre parti, lo scheletro cefalofaringeo si percepisce spesso come una macchia scura all'estremità anteriore del corpo, soprattutto nelle larve con tegumento spiccatamente traslucido. Con un leggero ingrandimento è invece ben visibile l'estremità distale degli uncini boccali, che emerge ventralmente sotto i lobi cefalici.

In ordine antero-posteriore, lo scheletro cefalofaringeo si compone di un paio di uncini boccali, un insieme di scleriti intermedi, in cui è prominente, per le dimensioni, lo sclerite intermedio propriamente detto e, infine, lo sclerite basale. Ad eccezione degli uncini boccali, che mantengono un rapporto anatomico con le pareti della cavità preorale, tutti questi elementi non hanno connessioni anatomiche con il tegumento e formano a tutti gli effetti uno scheletro interno.

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Scheletro cefalofaringeo in vista dorsale
Fig. 6 - Rappresentazione schematica della struttura dello scheletro cefalofaringeo nelle larve dei Ditteri Schizophora di terza età. Vista dorsale
a: atrium; bp: barra parastomale; c: cibarium; cd: corni dorsali; cv: corni ventrali; f: faringe; pd: ponte dorsale; ps: pseudocefalo; sb: sclerite basale; se: sclerite epistomale; si: sclerite intermedio; t: torace; u: uncini boccali.
Autore: Giancarlo Dessì
(Licenza: Creative Commons BY-NC-SA)

Uncini boccali

Gli uncini boccali, talvolta indicati anche con altre denominazioni inappropriate (es. mandibole), rappresentano la parte più evidente dello scheletro cefalofaringeo per la loro conformazione e la posizione esterna della parte distale. Organi fortemente sclerificati, sono responsabili delle miasi causate sui vertebrati, compreso l'uomo, dalle larve parassite epizootiche di interesse medico o medico-veterinario.

La parte distale ha una conformazione a falce, appuntita e ricurva verso il basso e, più o meno marcatamente, verso il lato esterno. Il margine ventrale è talvolta dentellato (Teskey, 1981). In posizione di riposo sono quasi completamente retratti in due comparti membranosi all'interno dello pseudocefalo e ai lati della maschera facciale, leggermente inclinati ventralmente rispetto all'asse dello pseudocefalo e più o meno divaricati rispetto al piano sagittale mediano. In alcune larve saprofaghe di sirfidi, gli uncini boccali perdono la loro primitiva funzione: in queste larve, l'invaginazione dei segmenti cefalici all'interno dello pseudocefalo è particolarmente spinta e la maschera facciale si trasforma in una sorta di condotto di aspirazione in cui le creste orali e i cirri svolgono una funzione filtrante, mentre gli uncini, strettamente associati alle pareti, svolgono una funzione esclusivamente scheletrica di sostegno (Teskey, 1981; Courtney et al., 2000).

La parte basale, più robusta, si allarga e assume un profilo verticale di forma triangolare o quadrangolare. Il margine posteriore di ciascun uncino si articola con i corrispondenti bracci anteriori dello sclerite intermedio, formando un'articolazione funzionalmente analoga a quella dell'epicondilo dello sclerite mandibolare basale sul fragma tentoriale delle larve emicefale. Infatti, i muscoli abduttori e adduttori agiscono su corrispondenti apodemi posizionati all'estremità basale degli uncini boccali, rispettivamente dorsale e ventrale rispetto all'articolazione. Il muscolo abduttore si inserisce direttamente sull'apodema dorsale dell'uncino, mentre il muscolo adduttore, in molti Schizophora, si inserisce su un piccolo sclerite ventrale accessorio, detto sclerite dentale, strettamente unito all'uncino. Lo sclerite dentale sarebbe invece primitivamente assente in alcuni gruppi del taxon parafiletico degli Aschiza (Courtney et al., 2000). L'estremità posteriore di questi muscoli si inserisce sul lato esterno dei corni ventrali dello sclerite basale. L'intero complesso scheletrico-muscolare funziona pertanto come un robusto sistema motorio, che imprime agli uncini movimenti di abduzione e adduzione secondo un piano verticale. Il fulcro di questa leva è rappresentato dall'asse orizzontale che congiunge le due estremità anteriori dello sclerite intermedio.

La struttura descritta presenta molteplici varianti, tra i Ciclorrafi, nella forma, nello sviluppo e nella struttura anatomica (Courtney et al., 2000). In generale, tutte le larve di prima età hanno uncini piccoli e debolmente sclerificati, ma marcate differenziazioni si rilevano anche secondo il gruppo sistematico. Ad esempio, gli uncini possono essere reciprocamente fusi in parte o per l'intera lunghezza, uno dei due può atrofizzarsi riducendo il numero ad un solo uncino (alcuni Agromyzidae) oppure essere entrambi atrofici in forme vivipare. Al contrario, forme predatrici possono presentare uncini particolarmente sviluppati e sottili, talvolta composti da scleriti accessori. Infine possono ricorrere casi in cui gli uncini perdono la loro primitiva funzione: oltre alla particolarità anatomica e funzionale menzionata in precedenza per alcune larve dei Syrphidae, si cita il caso di alcuni Ciclorrafi inferiori (es. Lonchopteridae), nei quali gli uncini sono notevolmente ridotti e la loro funzione è surrogata da altri scleriti di origine labiale.

Una curiosa funzionalità degli uncini boccali è il loro impiego come grossolano mezzo di locomozione: la larva si inarca afferrando con gli uncini l'estremità caudale e contrae i muscoli bruscamente lasciando la presa. In questo modo, la reazione sulla superficie permette loro di spiccare piccoli salti. Questo comportamento si riscontra in genere quando la larva è disturbata e portata all'esterno del loro ambiente. Ad esempio, la larva della mosca del formaggio, Piophila casei Linnaeus, 1578 (Brachycera: Piophilidae), è in grado di compiere bruschi salti di diversi centimetri, al punto da meritarsi il nome, in inglese, di cheese skipper (da skip, saltare).

L'omologia degli uncini boccali con le mandibole delle larve dei Brachiceri Ortorrafi è dubbia a causa della probabile duplice origine mascellare-mandibolare degli uncini delle larve acefale (Courtney et al., 2000). Gli studi embriologici condotti su Drosophila melanogaster Meigen, 1830, sono totalmente a favore dell'origine degli uncini dal segmento mascellare. D'altra parte, il tradizionale esame anatomico comparato mette in evidenza la stretta affinità, nella parte basale, tra gli uncini boccali e le mandibole degli Ortorrafi. Solo l'ipotesi di un'origine mista può spiegare l'apparente incongruenza tra l'approccio embriologico e quello morfologico (Courtney et al., 2000).

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Scheletro cefalofaringeo in vista ventrale
Fig. 7 - Rappresentazione schematica della struttura dello scheletro cefalofaringeo nelle larve dei Ditteri Schizophora di terza età. Vista ventrale
a: atrium; c: cibarium; cd: corni dorsali; cv: corni ventrali; f: faringe; ps: pseudocefalo; sb: sclerite basale; sd: scleriti dentali; si: sclerite intermedio; sl: scleriti labiali; t: torace; u: uncini boccali.
Autore: Giancarlo Dessì
(Licenza: Creative Commons BY-NC-SA)

Sclerite intermedio

Nella condizione primitiva delle larve dei Cyclorrhapha la parte dello scheletro cefalofaringeo posizionata dietro gli uncini boccali è composta da un'unica struttura sclerificata. Questa condizione si riscontra nelle larve dei Ciclorrafi inferiori, che si identificano nel gruppo parafiletico degli Aschiza, e nella maggior parte delle larve di prima età (Courtney et al., 2000).

Negli stadi larvali successivi degli Schizophora, invece, lo scheletro cefalofaringeo posteriore rispetto agli uncini è suddiviso in due scleriti distinti, di cui quello anteriore è denominato da Courtney et al. (2000) sclerite intermedio o sclerite a forma di H. In letteratura ricorrono anche altre denominazioni, come ad esempio quella di "sclerite ipostomale" adottata da Teskey (1981), ma ritenute inappropriate perché presupponevano omologie non accertate.

Alla vista dorsale e a quella ventrale, lo sclerite intermedio ha una conformazione che ricorda la lettera H, con due bracci longitudinali diretti in avanti, due longitudinali diretti posteriormente e una barra trasversale di congiunzione. I due bracci anteriori si articolano con gli uncini boccali, quelli posteriori alla parte anteriore e ventrale dello sclerite basale. Dietro la barra trasversale si posiziona lo sbocco del condotto salivare.

Lo sclerite intermedio rappresenta il principale organo di sostegno laterale e ventrale dell'atrium, ma questa funzione è coadiuvata dalla presenza di altri scleriti accessori, variabili in numero, conformazione e sviluppo, detti scleriti labiali. Questi scleriti sono posizionati ventralmente e anteriormente rispetto allo sclerite intermedio, alla base del lobo labiale. Gli scleriti labiali contribuiscono al sostegno ventrale della parte anteriore dell'atrium. Il sostegno dorsale all'atrium è fornito da ulteriori scleriti, posizionati sopra l'intermedio. Sono rappresentati da due sottili stecche longitudinali e parallele, dette barre parastomali, e da una trasversale, detta sclerite epistomale. Le barre parastomali sono generalmente contigue con lo sclerite basale. In alcune larve di sirfidi e nella generalità delle larve di prima età, all'apice delle barre parastomali è presente un rudimentale labrum. Lo sclerite epistomale, invece, è una struttura trasversale posizionata all'estremità distale delle barre parastomali con le quali, spesso, si fonde.

In merito alle omologie va detto che gli studi condotti tra gli anni ottanta e gli anni novanta sulla morfogenesi di Drosophila melanogaster e l'esame delle innervazioni neurali hanno evidenziato l'origine complessa di questi scleriti. Courtney et al. (2000) ritengono che probabilmente si tratti di strutture di neoformazione, quindi senza omologie riconducibili alle larve emicefale. Queste strutture sarebbero di origine mista, in quanto derivate dalla combinazione di elementi dei tre segmenti dello gnatocefalo.

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Sclerite basale

Completamente immerso nel torace, lo sclerite basale è la parte dello scheletro cefalofaringeo di maggior sviluppo e situata posteriormente agli altri elementi. Oltre alle varie denominazioni ricorrenti in letteratura, Teskey (1981) si è riferito a questa struttura chiamandola "sclerite tentorio-faringeo" (tentoropharyngeal sclerite). Questa e altre denominazioni fanno riferimento ad un'evidente derivazione, di questo elemento, dalla faringe. omologia non condivisa da Courtney et al. (2000), in quanto non congruente con alcune evidenze di natura embriologica, neuroanatomica e morfoanatomica. Per questo motivo, gli Autori della trattazione nel Manual of Palaearctic Diptera optarono per una denominazione più neutrale del tutto svincolata dalle effettive o presunte omologie.

Lo sclerite basale è un vistoso elemento interno composto da due strutture sclerificate simmetriche, più o meno strettamente collegate per formare una pompa aspirante rinforzata da una sclerificazione e che offre, al tempo stesso, la superficie per l'inserzione dei muscoli che agiscono sugli uncini boccali e dei muscoli dilatatori. È evidente un adattamento anatomico che nel suo complesso comprende strutture derivate da elementi delle primitive appendici boccali, dal tentorio e dalle pareti della parte iniziale del tubo digerente. Quest'ultima è identificata con la faringe (Teskey, 1981) o, secondo un'interpretazione più recente, con il cibarium (Courtney et al., 2000).

Pur variando nella forma e nella dimensione, lo sclerite basale è composto da armature dorsali che si fondono inferiormente con due armature ventrali. Alla vista laterale, questo complesso sclerificato appare con una conformazione a U ruotata di 90° in senso orario, con una profonda incisione nel profilo posteriore.

Le due armature dorsali si presentano come due lamine verticali parallele, che si espandono posteriormente divaricandosi rispetto al piano sagittale mediano. Queste lamine sono chiamate corni dorsali (dorsal cornua, Teskey, 1981, Courtney et al., 2000). Anteriormente sono reciprocamente unite da una connessione debolmente sclerificata detta ponte dorsale o arco dorsale. Più complessa è la morfologia delle due armature ventrali, dette corni ventrali (ventral cornua, Teskey, 1981, Courtney et al., 2000), che variano sensibilmente secondo il gruppo sistematico. Secondo l'interpretazione di Courtney et al. (2000), basata su evidenze morfoanatomiche e embriologiche, i corni ventrali racchiudono il cibarium. Negli Schizophora, l'estremità anteriore dei corni ventrali si articola con i bracci posteriori dello sclerite intermedio ed è contigua, superiormente, con le barre parastomali. Come detto in precedenza, sclerite intermedio e corni ventrali si fondono in un'unica struttura sclerificata nei Ciclorrafi inferiori e nelle larve di prima età di tutti i Ciclorrafi.

Ciascun corno dorsale è unito al corrispondente corno ventrale per mezzo di una placca verticale (vertical plate, Courtney et al., 2000) derivata da una profonda modificazione della struttura del tentorio. Durante lo sviluppo embrionale, i bracci tentoriali anteriori vengono dislocati sotto i bracci posteriori e si fondono con i corni ventrali, mentre i bracci posteriori si fondono con i corni dorsali (Courtney et al., 2000).

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Atrium

Come detto in precedenza, una delle caratteristiche prominenti che differenziano le larve acefale dalle altre forme è l'invaginazione di parte degli elementi cefalici che causa la dislocazione della cavità orale primaria all'interno del torace. La maschera facciale si apre in una cavità orale funzionale, detta atrium, che non ha omologie nelle larve dei Nematoceri e dei Brachiceri inferiori.

L'atrium è una cavità dalle pareti membranose che si estende all'interno dello pseudocefalo, dall'apertura boccale funzionale, situata in fondo alla maschera facciale, fino all'apertura boccale primitiva, corrispondente all'inizio del cibarium. La sua parete ventrale è sostenuta anteriormente dagli scleriti labiali e posteriormente dalla barra trasversale dello sclerite intermedio. La parete dorsale ha invece rapporti anatomici con le barre parastomali e lo sclerite epistomale. Nel complesso, questi scleriti offrono l'attacco della muscolatura dell'atrium, la cui funzione è quella di provocarne la dilatazione al fine di creare una pressione negativa che aspira i liquidi convogliati dalle creste orali. I fluidi nell'atrium vengono poi ulteriormente aspirati dalla pompa cibariale.

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Cibarium

Non vi è una delimitazione anatomica ben definita che separi il cibarium e la faringe. Le due cavità sono adiacenti, ma la distinzione morfoanatomica tra queste due strutture è ardua. Peraltro, in letteratura vi sono riferimenti discordanti in merito alla posizione delle due cavità. Infatti, Teskey (1981) e precedenti Autori ritenevano che la faringe fosse dislocata all'interno dello scheletro cefalofaringeo per fusione delle sue pareti con i corni ventrali dello sclerite basale. Da questa interpretazione deriva la stessa denominazione data tradizionalmente allo scheletro cefalofaringeo. Courtney et al (2000), facendo riferimento a interpretazioni di precedenti Autori e ad evidenze di natura embriologica e neuroanatomica, identificano invece la cavità all'interno dello sclerite basale con il cibarium. Queste evidenze derivano in particolare dalla posizione del ganglio frontale e dall'origine morfogenetica di alcuni elementi ventrali dello sclerite basale (Courtney et al., 2000):

Il cibarium rappresenta la cavità orale vera e propria, omologa a quella delle altre larve. In conformità all'interpretazione di Courtney et al. (2000), a causa dell'invaginazione embrionale di una parte dei segmenti cefalici, questa cavità si trova completamente immersa nel torace ed è parte integrante dello scheletro cefalofaringeo, in quanto le sue pareti sono fuse con i corni ventrali. La parete ventrale e quella dorsale si identificano rispettivamente con l'ipofaringe e l'epifaringe, strutture morfologiche prettamente interne nelle larve acefale.

Filtro cibariale
Fig. 8 - Rappresentazione schematica del filtro cibariale nelle larve saprofaghe dei Ditteri Ciclorrafi.
CD: camera dorsale; EP: epifaringe; IP: ipofaringe; VC: corni ventrali; c: canali ventrali; cr: creste cibariali ventrali.
Autore: Giancarlo Dessì
(Licenza: Creative Commons BY-NC-SA)

Come nelle altre forme larvali dei Ditteri, la cavità cibariale funziona come pompa aspirante in virtù di un robusto muscolo estrinseco che ne permette la dilatazione. Il muscolo dilatatore parte dall'epifaringe e si inserisce sulle superfici mediali dei corni dorsali (Courtney et al. (2000)).

Nelle forme saprofaghe, la superficie dorsale dell'ipofaringe è percorsa da una serie di creste parallele, dette creste cibariali, che si proiettano verso il lume del cibarium. Ciascun rilievo presenta sottili espansioni laterali dell'apice che conferiscono alla sezione trasversale un profilo a T o a Y, con le espansioni di creste adiacenti che si toccano reciprocamente. Con questa conformazione, la cavità del cibarium risulta suddivisa in due parti: una camera dorsale, che forma il lume del canale digerente, e una serie di canalicoli ventrali delimitati dalle creste, Questa struttura costituisce un apparato filtrante, il cui funzionamento è analogo a quello del filtro cibariale delle larve emicefale degli Stratiomyomorpha e al filtro faringeo delle larve eucefale dei Nematocera: per azione del muscolo dilatatore, la cavità del cibarium si espande creando una depressione che aspira i fluidi nutritivi all'interno della camera dorsale; successivamente, sotto l'azione di muscoli costrittori intrinseci, l'eccesso di liquido viene spinto nei canali ventrali delimitati dalle creste cibariali e convogliato nell'atrium, mentre le particelle organiche grossolane vengono trattenute dal filtro nella camera dorsale.

L'apparato filtrante è assente nelle forme larvali fitofaghe, predatrici e parassitoidi (Courtney et al., 2000).

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Depressione oculare

Gli stemmata delle larve acefale dei Ciclorrafi si differenziano da quelli delle altre forme larvali sia per la posizione sia per la struttura. I fotorecettori sono localizzati nelle depressioni ottiche, due incavi della parte anteriore dello sclerite basale. In corrispondenza delle depressioni ottiche, il margine anteriore dello sclerite basale presenta un profilo concavo, immediatamente sotto il ponte dorsale. In sostanza, gli "occhi" delle larve acefale sono organi sensoriali interni immersi nel torace, che svolgono la loro funzione grazie al tegumento membranoso e traslucido.

I fotorecettori degli stemmata delle larve acefale sono privi del pigmento retinulare, tuttavia la percezione della direzione di provenienza della luce è garantita dallo sfondo scuro formato dalla parete sclerificata della depressione oculare (Courtney et al., 2000).

In letteratura, agli stemmata dei Cyclorrhapha si fa in genere riferimento con il termine di cellule visuali (Teskey, 1981; Courtney et al., 2000), ma quelli degli Schizophora sono indicati con la denominazione specifica di organo di Bolwig, in quanto i fotorecettori hanno una struttura differente da quella riconducibile agli ommatidi, essendo privi di rabdoma (Courtney et al., 2000).

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Ultimo aggiornamento di questa pagina: 28 maggio 2019
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